Sergio Dalmasso storico del movimento operaio. QUADERNI CIPEC e Altri Scritti
  

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Brevi note sul congresso regionale piemontese  Novembre 2008   Torna alle categorie

Brevi note sul congresso regionale piemontese

Brevi note sul congresso regionale piemontese

 

Il congresso nazionale di Rifondazione si è chiuso in modo positivo.

Abbiamo impedito:

  •  il superamento del nostro partito all’interno di una sinistra indistinta e “senza aggettivi”
  •  un compromesso fra la prima e la seconda mozione che avrebbe prodotto risultati paralizzanti

Il documento finale del congresso di Cianciano ha sottolineato:

  •  la fine della prospettiva Arcobaleno e della Costituente di sinistra
  •  non subalternità rispetto al PD
  •  verifica delle giunte e del nostro ruolo
  •  profilo sindacale di classe, da ricostruirsi anche in un rapporto fra posizioni critiche nella CGIL e sindacalismo di base
  •  necessità di riforma del partito e di internità ai movimenti
  •  presentazione alle elezioni del nostro simbolo, con apertura a forze comuniste e anticapitaliste

 

Restano problemi e nodi irrisolti:

  •  noi abbiamo sostenuto al congresso la necessità di salvare Rifondazione, ma di giocarla in un più ampio processo di ricostruzione di una forza comunista nel nostro paese
  •  la necessità di rilanciare una presenza sociale, che tutti riconosciamo come prioritaria e che deve essere centrale nei nostri circoli, non può essere slegata da una proposta strategica
  •  le divisioni interne rendono molto difficile una qualunque gestione

 

In questi mesi, il disegno della seconda mozione- che abbiamo denunciato nel corso del congresso e che era purtroppo posizione largamente maggioritaria nel nostro partito sino al tracollo del 14 aprile- si è ulteriormente chiarito ed evidenzia che cosa sarebbe accaduto se il congresso nazionale fosse terminato in altro modo:

  •  al comunismo come tendenza culturale si è aggiunta, sempre da Bertinotti, verso il quale si è praticato per anni un vero e proprio culto della personalità, la definizione di comunismo come termine indicibile
  •  il direttore di “Liberazione” propone chiaramente di superare Rifondazione
  •  la impostazione delle prossime elezioni comunali di Bologna è data da Franco Berardi Bifo che lancia una lista civica e non di partito
  •  la minoranza interna (47%) organizza feste e convegni suoi propri (cosa legittima e praticata anche da altre componenti), ma si autonomizza con una associazione, ripropone la posizione elettorale sconfitta alle politiche, ha come battistrada chi lascia Rifondazione e costituisce gruppi consiliari autonomi (Torino).

 

Il quadro nazionale somma crisi economica (non solo finanziaria), recessione, disoccupazione  e precarietà di massa, scelte e rischi autoritari (accentuazione dei meccanismi presidenzialistici e di meccanismi elettorali escludenti e bipartitici), progressivo snaturamento dello stato sociale.

L’assenza di una opposizione di classe, la sconfitta del movimento operaio, il non collegamento di movimenti di lotta e di opposizione sono contraddetti da alcuni segni: la grande protesta nelle scuole, i referendum in Sardegna e a Vicenza, lo sciopero dei sindacati di base, la stessa manifestazione dell’11 ottobre, che però non mutano il quadro complessivo, quello di una società, che, anche a causa dei fallimenti del centro- sinistra e della nostra assenza, vede prevalere i fenomeni dell’antipolitica che potrebbero moltiplicarsi a breve e si sommano a pulsioni di destra (populismo, neofascismo, razzismo, integriamo cattolico).

 

La realtà regionale vede la assenza di direzione politica da molti mesi. Dopo il comitato regionale che ha dato il via (noi contrari) alle liste elettorali, quelli successivi sono stati disertati dalla seconda mozione e sempre privi del numero legale. Già da tempo non funzionavano i singoli incarichi ai/alle componenti della segreteria e le commissioni non sono mai decollate.

A parte l’accentuarsi delle proposte federaliste, è chiaro che il ruolo del regionale non possa essere sottovalutato. Le federazioni (non parliamo dei circoli territoriali) sono deboli e in grande difficoltà, il dibattito politico, a parte i congressi è asfittico, “Liberazione” è poco letta, il periodico del gruppo consiliare copre solo in parte la funzione di informazione (anche per la periodicità).

Serve un regionale:

  •  con una maggioranza eguale a quella nazionale e con il documento di Chianciano come base
  •  con un comitato politico non enorme
  •  con una segreteria snella
  •  con poche commissioni: lavoro, scuola- cultura- formazione, ambiente, sanità (non può esserci appiattimento sull’assessorato)- questioni sociali, enti locali.

 

Accanto al segretario politico, sarebbe indispensabile un segretario organizzativo.

Non credo che dobbiamo porre questioni sul segretario politico, ma sarebbe ragionevole chiedere quello organizzativo e una delle commissioni (quindi due presenze in segreteria).

Ovvia la richiesta di non aprire al secondo documento, ma questa è possibile se andiamo all’accordo di gestione con grande chiarezza, sapendo che tra pochi mesi si potrebbero aprire scenari nuovi (rotture e ricomposizioni), che lo slogan del congresso Ricominciamo! non può rimanere uno slogan, che la credibilità della nostra proposta deve essere verificata nei fatti e nelle cose, che una ripresa di impegno e di analisi non può vederci assenti o a “fare il tifo”.

La stessa parola d’ordine di unità dei comunisti assume significato solamente se

  •  nasce da un lavoro comune sui temi reali che superi vecchie polemiche e rotture
  •  passa per una grossa riflessione comune su tanti nodi della nostra storia (democrazia, “socialismo reale”, questione governo)
  •  è posta come strumento di una unità di azione e sulle cose più ampia e non strumentale
  •  vive nell’intreccio di internità ai movimenti e rilancio della funzione dell’organizzazione politica
  •  non è né minoritaria né puramente identitaria (simbolo, nome e bandiera che spesso coprono una pratica opportunistica)

 

Dobbiamo affrontare con serietà la questione giunte e conseguentemente le scelte elettorali.

E’ chiaro che in ogni amministrazione ci troviamo davanti a problemi non secondari: temi sociali, ambientali, di costume si sommano e dimostrano sempre più la nostra alterità non solamente alle destre, ma anche al PD e alle altre forze di “centro sinistra”.

I fatti nazionali lo hanno dimostrato in modo netto: finanziarie impopolari e incapaci di aggredire le cause della crisi, insensibilità su tanti temi ambientali giudicati spesso astratti (sapete dire solo NO), sottovalutazione di temi etici e di costume, non volontà di toccare i nodi relativi alla “casta”, stallo sull’immigrazione, non volontà di modificare né le leggi “simbolo” delle destre (precarietà, immigrazione, scuola), né quelle “ad personam” (conflitto di interessi, rogatorie).

Insomma, un governo “non di destra” non ha cambiato le condizioni reali di vita, ha prodotto sfiducia e disillusione, ha consegnato il paese alla peggior destra europea, ha distrutto la presenza di forze comuniste e di sinistra, ritenute socialmente inutili.

Anche nelle realtà locali, le contraddizioni esistono:

  •  le questioni sociali si moltiplicano, esplode un malessere sempre più profondo a cui non si può rispondere semplicemente proponendo ricerca, innovazione, rilancio del sistema produttivo
  •  i temi ambientali sono proclamati a voce, ma TAV, inceneritori, politiche asfaltiste e cementiste proseguono con l’alibi dello “sviluppo” e delle necessità occupazionali. La stessa questione urbanistica è sempre più affrontata con la costruzione di capannoni, mega centri commerciali, quartieri e non con l’utilizzo dell’esistente
  •  la politica trasportistica, anche a causa della situazione economica complessiva, non presenta modificazioni sostanziali (da privato a pubblico, da gomma a rotaia). La realtà dei pendolari vede un peggioramento progressivo
  •  alcune nostre istanze (a cominciare dalla laicità della scuola e dal complessivo rapporto privato/pubblico) sono sempre state considerate “ideologiche”.
  •  la stessa questione sanitaria ha subito blocchi, ricatti, freni. Il piano socio sanitario regionale, opera meritoria dei nostri assessori, cozza contro il permanere delle liste di attesa, il pericolo di ritorno dei tickets, il permanere del privato, imperante in tanti settori, criteri clientelari e spartitori nelle nomine.

Le tensioni al comune di Torino (compresa la polemica con il nostro assessore circa gli asili comunali) e il nostro dimezzamento in provincia sono la cartina di tornasole di una difficoltà oggettiva. E’ probabile che il centro sinistra tenga verso di noi un atteggiamento differenziato a seconda dei luoghi e delle realtà: “accettandoci” in alleanza in alcuni casi, escludendoci in altri perché “facciamo perdere voti”. Da valutare la possibilità di liste civiche (un po’ ambientaliste, grilline, espressione della società civile e di una sinistra non ideologica e comunista) giocate anche contro di noi.

Non possiamo limitarci al caso per caso. Serve una impostazione nazionale che tenga conto di contenuti alternativi non solo alla destra, ma anche al PD (vedi il documento finale di Chianciano, ma anche della necessità di non sottovalutare la spinta democratica “anti berlusconiana”).

Rifondazione, in modo schizofrenico, è passata da – alleanza di sinistra (1994) – autonomia (1995) - desistenza (1996) – rottura (1998) – alleanza (2000) – semi autonomia e semi alleanza (2001) – alleanza (2006) – separazione consensuale (2008).

E’ possibile trovare una strada che non produca ogni volta traumi (abbandoni, scissioni)? E’ possibile ripensare ad una alleanza elettorale con programmi diversi? E’ possibile un appoggio esterno e critico- che ci lasci libertà di giudizio e di azione- ad eventuali giunte di centro- sinistra (se il termine è ancora utilizzabile)?

 

E’ necessario avere una gestione del partito corrispondente a quella nazionale. Conosciamo i limiti della prima mozione e le sue differenze interne. Esiste il pericolo che dopo il trauma della sconfitta elettorale, tutto continui come prima (scelte politiche, atteggiamenti, rapporti interni, proposte nei fatti di un arcobaleno rinnovato).

Il documento presentato, regionalmente, dal primo documento è carente e necessita non solo di emendamenti, ma di una discussione sul suo asse complessivo.

Credo, però, che sia necessario: - andare alla definizione di una maggioranza e di una segreteria – lavorare perché alcune iniziative (lavoro, ambiente, formazione, rapporto con altre forze politiche comuniste e anticapitaliste (partiti, gruppi, associazioni ) “partano” immediatamente – non perdere altro tempo il che impedirebbe di svolgere lavoro e di darci un minimo di fisionomia prima che ripartano le danze elettorali.

E’ necessario, subito dopo il congresso,

  •  convocare una conferenza regionale sugli enti locali e il nostro ruolo. All’interno di questa, inserire il tema del federalismo (non solo fiscale)
  •  fare partire alcuni (pochi) gruppi di lavoro
  •  pensare seriamente al tema della formazione (non unicamente per pochi intellettuali interessati a qualche questione specifica)
  •  incontrare tutte le federazioni, ricordando che Torino è il 50% della regione, ma rischia di essere circondata da un blocco di destra, sociale, culturale, politico (una sorta di piccolo nord/est)
  •  pensare nelle province ad alcune iniziative specifiche, a forme di comunicazione che evitino la “solitudine” di tanti/e (RifondazioneNews, indirizzario mail)
  •  andare ad incontri con gruppi, associazioni, partiti di ispirazione comunista ed anticapitalista non a fini elettorali, ma per verificare possibilità di elaborazione e lavoro comune ed anche prospettive future
  •  egualmente occorre discutere con il sindacalismo di base e le forze critiche nella CGIL.

 

E’ chiaro che le contraddizioni nel nostro documento siano gravi e spesso incomprensibili.

Al congresso nazionale, pur con tensioni enormi, abbiamo svolto un ruolo positivo e ne siamo usciti con un ruolo e un prestigio superiori al nostro modesto risultato.

Le divisioni interne emerse a Cianciano e dopo hanno avuto un effetto nefasto, creando una paralisi che cancella qualunque nostro ruolo e rischia di emarginarci e di privarci di ogni funzione (o predicazione identitaria o appiattimento sulla 1).

La cosa è ancor più grave perché non si tenta neppure di affrontare una discussione politica.

A settembre sarebbe stato necessario andare immediatamente ad un incontro nazionale dove fossero in campo le varie opzioni. Le divisioni in Ernesto (schematizzando e personalizzando –Giannini       -Pegolo -Masella -Sorini) lo hanno sino ad oggi impedito.

Oltre alle poco edificanti beghe per i (pochi) posti negli organismi direttivi, i contrasti non sono mai stati “socializzati”; che cosa sanno delle questioni interne alla mozione coloro che la hanno votata, sostenuta e hanno sperato in essa dopo lo sfascio prodotto dalla ex maggioranza?

Davanti al carattere frastagliato e differenziato della maggioranza uscita dal congresso, è indispensabile ripensare ad una sinistra interna, garante di una linea politica di sinistra e del rilancio dell’iniziativa sociale.

Serve, quindi, una discussione franca nell’area, che tenga insieme i poli: - necessità di ricostruzione di una forza politica comunista nel nostro paese – garanzia per una reale svolta a sinistra (discontinuità) in Rifondazione, possibile solo impedendo una affermazione delle posizioni vendoliane – riapertura di un processo di reale rifondazione (riferimenti teorici, pratica quotidiana, moralità interna, apertura a movimenti, ricostruzione di un gruppo dirigente, formazione).

Indispensabili:

  •  incontri regionali, appena terminata la fase dei congressi
  •  un incontro nazionale che può anche prendere atto di divergenze insanabili, ma deve almeno servire a declinare i problemi e a coinvolgere tutti/e gli/le aderenti
  •  una verifica collettiva delle realtà locali, province e regioni. E’ possibile un quadro complessivo? Come ci comportiamo nei direttivi? Le federazioni dove la 3 ha ottenuto la maggioranza si muovono nella stessa direzione? E i circoli (non pochi)?
  •  un documento politico che aggiorni quello congressuale e che tenga conto del risultato di Cianciano, tentando anche una analisi che vada al di là della nostra piccola realtà interna.
  •   uno strumento di collegamento (bollettino, rivista, informatico) che colleghi gli/le aderenti al documento, ma sia propositivo anche all’esterno di esso
  •  una comune (se possibile) prospettiva di percorso politico

 

Spero che queste note servano almeno a fissare alcuni temi e a produrre discussione fra noi.

 

31 ottobre 2008.

Sergio Dalmasso